Le “Teste di Moro”: una Storia d’Amore, Gelosia e Vendetta dietro un’icona della Sicilia
La testa di moro nella Ceramica Artistica Siciliana e non solo,
fra leggende ed avvenimenti storici
La testa di moro è un oggetto caratteristico delle tradizioni siciliane: si tratta di un orcio in ceramica, dalle sembianze umane, usato come vaso ornamentale e che raffigura di solito la testa di un moro dall'aspetto maschile, alcune volte a questa vi è accostata la corrispondente versione femminile.
Si pensa che l'utilizzo di una figura simile è da attribuire ad un'antica leggenda:
"Intorno all' anno 1100, periodo della dominazione dei mori in Sicilia alla Kalsa (quartiere storico di Palermo), viveva una bellisima fanciulla dalla pelle rosea paragonabile ai fiori di pesco al culmine della fioritura e un bel paio di occhi che sembravano rispecchiare il bellissimo golfo di Palermo.
Ella viveva quasi in clausura, trascorreva le giornate coltivando e curando le piante del suo balcone. Un giorno passando li vicino un giovane moro, vide la bella ragazza, intenta a curare le piante, ne rimase invaghito, decise di volerla per se, senza indugio entrò in casa della ragazza e le dichiarò il suo amore. La fanciulla, colpita da tanto sentimento, ricambiò l’amore del giovane, ma quando seppe che il moro l’avrebbe lasciata per tornare nelle sue terre in Oriente, dove l’attendeva una moglie con due figli, attese le tenebre e non appena esso si addormentò lo uccise, gli tagliò la testa, ne fece un vaso dove vi piantò del basilico e lo mise in bella mostra fuori nel balcone. Il moro, così, non potendo più andar via sarebbe rimasto sempre con lei.
Intanto il basilico crebbe rigoglioso e destò l’invidia di tutti gli abitanti del quartiere che, per non essere da meno, si fecero costruire dei vasi di terracotta a forma di testa di moro."
La testa di moro è presente anche in araldica, in vari stemmi è posta abitualmente di profilo e attortigliata, richiama i mori fatti prigionieri al tempo delle Crociate, particolarmente dalle galee di Rodi e di Santo Stefano. Nell'araldica italica in generale il moro porta intorno alla testa una banda bianca (detta talvolta "infula"), che indica lo schiavo reso libero, e non è coronato, mentre lo è nell'araldica germanica. Nella tradizione bavarese la testa di moro appare infatti molto spesso, ed è denominata "caput ethiopicum", o "moro di Frisinga.", difatti, l'Etiopia era secondo alcune tradizioni la patria di uno dei tre re magi, le cui reliquie erano state trasportate in Germania da Federico Barbarossa.
La testa di moro è presente anche nella gastronomia siciliana, famoso è infatti il dolce tipico di Calstelbuono, detto "Testa di turco", che di solito veniva preparato durante le feste natalizie sino a carnevale, ma data la bontà, viene gustato tutto l'anno.
Questo dolce, come tantissimi piatti della gastronomia siciliana, ha origini arabe, infatti è una sinfonia di profumi e gusto, mantenendo un’indiscutibile leggerezza. La leggenda popolare narra che la “Testa di Turco” venne elaborata in occasione della sconfitta degli Arabi da parte dei Normanni e che i castelbuonesi festeggiarono la liberazione con la preparazione di questo dolce tipico.
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- testa di moro versione femminile
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